Skip to main content

Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, che avrà un forte impatto su tutte le imprese, anche quelle che in crisi non sono.

Quali sono le principali novità?

E perché questa Riforma può offrire un grande assist per la modernizzazione della tua PMI?

Cosa occorre per mettersi in regola?

 

  1. Una Riforma che impatterà su tutte le imprese, non solo su quelle in crisi

Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza, una Riforma che avrà un fortissimo impatto nel mondo reale delle imprese, cambiandone alcune regole.

Attenzione: il nuovo Codice impatterà su tutte le imprese, non solo su quelle in crisi o in difficoltà, ed è per questo che è dovere di ogni imprenditore responsabile comprendere cosa è cambiato.

Con questo articolo, voglio darti qualche informazione e alcuni spunti di riflessione per orientarti e, se necessario, metterti in regola.

Il nuovo Codice della Crisi sostituisce la vecchissima Legge Fallimentare del 1942 e arriva al traguardo dopo molti tentativi di riforma parziali e altri che non hanno mai visto la luce, il tutto complicato e ritardato dai blocchi dovuti alla pandemia da Covid-19.

In questa prima parte dell’articolo, esamineremo le principali novità, che ti consiglio davvero di leggere con attenzione.

Nella seconda parte, scopriremo perché i nuovi obblighi imposti dal Codice della Crisi possono rappresentare una grande opportunità di modernizzazione per tutte le PMI.

 

  1. Le principali novità del Codice della Crisi

 

Scompare (finalmente, direi) la parola “fallimento”, sostituita da “liquidazione giudiziale”.

A prima vista, sembrerebbe un cambiamento da niente, più di forma che di sostanza e figlio del politicamente corretto. A guardare meglio, invece, si tratta di un cambiamento epocale, perché la parola “fallimento” era portatrice di una sorta di giudizio morale a danno dell’imprenditore.

In Italia, infatti, il fallimento viene ancora visto, culturalmente e socialmente, come un’onta personale, destinata a travolgere l’imprenditore anche nella sua sfera personale e familiare.

Ma è solo una questione di punti di vista. Nel mondo anglosassone, infatti, l’insuccesso è visto come una fase fisiologica di un processo di crescita.

Chi fa impresa lo sa che sta rischiando qualcosa.

Tantissimi sono i casi di imprenditori coinvolti in fallimenti prima di raggiungere il successo: se ti va, prova a dare un’occhiata alla storia personale e imprenditoriale di Henry Ford…

 

La “detribunalizzazione” della crisi di impresa.

Con la nuova Composizione negoziata della crisi – già in vigore dal 2021 e oggi definitivamente inglobata all’interno del Codice della Crisi – viene offerto all’imprenditore uno strumento innovativo per trovare un accordo con i creditori senza intervento del Tribunale, prima che la crisi si aggravi e che l’impresa si trovi costretta a chiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria.

La Composizione negoziata si attiva esclusivamente su base volontaria: cioè, è solo l’imprenditore, e nessun altro, che può decidere se richiederla.

Essa prevede l’intervento di un Esperto negoziatore nominato dalla Camera di Commercio, che con imparzialità si attivi per mettere l’imprenditore e i suoi creditori attorno a un tavolo e cercare una soluzione soddisfacente per tutti.

 

Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili.

Già dal 2019 è in vigore il nuovo art. 2086 del codice civile, che impone a tutti gli imprenditori di dotare le proprie società di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, con conseguenze particolarmente gravose per gli amministratori inadempienti, che potranno essere chiamati a rispondere con il proprio patrimonio per debiti della società.

Il nuovo Codice della Crisi interviene per precisare alcuni (molti, per la verità) contenuti minimi di questi adeguati assetti.

Approfondiremo meglio in seguito e soprattutto vedremo i grandi vantaggi economici e gestionali che derivano dall’adozione di questi strumenti: non si tratta di un costo morto, ma di un investimento!

 

Early warning, segnali di allarme e segnalazioni dei creditori pubblici qualificati.

Il Codice della Crisi è basato su questo semplicissimo concetto: prevenire è meglio che curare, perché intercettare un segnale di crisi in tempo significa minimizzare il rischio di bancarotta.

Una vera rivoluzione rispetto alla vecchia Legge Fallimentare, tutta focalizzata a disciplinare le regole del fallimento, quando ormai la frittata era fatta.

Oggi invece la parola d’ordine è: early warning.

In questa nuova logica, il Codice della Crisi interviene per imporre agli imprenditori di organizzarsi (con i famosi “adeguati assetti”) al fine di essere in grado di intercettare tempestivamente alcuni segnali di crisi:

  • rilevare squilibri di carattere patrimoniale, economico o finanziario;
  • verificare la non sostenibilità dei debiti;
  • verificare l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i prossimi 12 mesi;
  • ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico sviluppati dal Ministero della Giustizia per la Composizione negoziata (si tratta dell’allegato al Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021).

Si tratta di un elenco lunghissimo di informazioni, che riguardano:

  • aspetti organizzativi (competenze tecniche, previsione di KPI, piani di tesoreria, ecc);
  • situazione contabile (aggiornamento dei dati contabili, analisi dei crediti e dei debiti, passività potenziali, ecc);
  • aspetti strategici e industriali (controllo di gestione, capacità manageriali, piano industriale, ecc);
  • proiezioni finanziarie (stima dei flussi per i prossimi 5 anni, analisi dei dati storici e della redditività prospettica, ecc);
  • analisi della situazione debitoria (capacità di onorare i debiti, stress test, rapporto con la capacità di generare flussi).

Quante PMI, ad oggi, sarebbero in grado di tirare fuori tutte queste informazioni?

Poche, per mia esperienza, e c’è ancora tanto lavoro da fare…

Vi è poi il tema delle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, una delle novità che sta facendo più discutere.

Il Codice della Crisi prevede infatti che Inps, Inail, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate Riscossione si attivino per segnalare situazioni di rischio, quando cioè i debiti superino certe soglie, peraltro davvero molto basse:

  • per l’Inps, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000 (per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000);
  • per l’Inail, l’esistenza di un debito scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000;
  • per l’Agenzia delle Entrate, l’esistenza di un debito Iva superiore all’importo di euro 5.000;
  • per l’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’esistenza di crediti scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le società di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000.

In questi casi, l’Ente trasmette una pec all’impresa e all’eventuale collegio sindacale, invitando l’imprenditore a fare un test di autodiagnosi per verificare la necessità di richiedere l’accesso alla Composizione negoziata o ad altra procedura di risanamento.

Va da sé che il ricevimento di una simile segnalazione spoglia l’imprenditore di qualsiasi alibi (“non sapevo di essere in crisi”), con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità.

Nella seconda parte dell’articolo parleremo dei nuovi obblighi e delle responsabilità che ne derivano, ma soprattutto delle opportunità.

Scopri i miei servizi di consulenza per aziende

Avvio di impresa

Pianificazione strategica aziendale e programmazione

Tax planning e difesa tributaria

Prevenzione e gestione crisi di impresa